Emozioni in viaggio: la tristezza
Le cicatrici d’oro
Quando si intraprende un viaggio interiore, è normale imbattersi anche in emozioni scomode e sgradevoli, come la tristezza, impersonata da Araknis, una Donna-Ragno che soffoca con la sua tela gli impulsi più vitali.
In queste situazioni è importante spostare l’accento sugli impulsi positivi che permettono di reagire al dolore: cerchiamo di stimolare le capacità di resilienza, per trasformare la sofferenza in un’opportunità di crescita.
La metafora dell’ostrica e la tecnica del kintsugi, descritte nel video, aiutano a comprendere che le ferite possono diventare delle preziose cicatrici d’oro.
Scopri la terza video-pillola di “Emozioni in viaggio”, con Gabriella Pirola, autrice del nuovo romanzo “Il segreto delle ombre”.
BIBLIOGRAFIA
Ricordo di aver letto “La foglia Muriel” di Leo Buscaglia in classe, dopo un grave lutto che aveva colpito una mia alunna. È un racconto che riesce a mettere in luce tutto il senso e la potenza della vita con parole semplici e comprensibili. Ricordo di aver fatto raccogliere le foglie secche del giardino e di averle fatte sbriciolare per creare sul foglio un terreno dal quale far sorgere un albero, il proprio albero, nuovo e vitale. Perché, come insegna questo racconto, quando arriverà di nuovo la primavera le foglie vecchie non ci saranno più, ma l’albero sì: “Ed esiste una cosa più forte anche dell’albero. La Vita. Lei non muore mai. Tutti noi siamo parte della Vita. “
Di Marianne Dubuc, “Il sentiero” (Orecchio Acerbo) ci racconta, attraverso la metafora del viaggio, come la gioventù e la vecchiaia camminino insieme scoprendo la ricchezza della vita per poi darsi il cambio quando arriva il momento. Ogni domenica la signora Tasso sale fino alla cima della montagna per raccogliere i tesori del bosco. Un giorno il gattino Lulù si unisce a lei e ad ogni passeggiata impara pian piano molte cose. Arriva il tempo in cui la signora Tasso non ce la fa più ad accompagnare Lulù, perciò il gattino si avventura da solo per i sentieri ormai familiari, portando poi tesori e racconti alla vecchia signora. Il bosco “passa di mano” e diventa “di Lulù”, fino a quando giungerà il momento giusto perché qualcun altro lo prenda nel suo cuore.
In “Perché piangiamo?”, di Fran Pintadera e Ana Sender (Fatatrac), la mamma risponde alla domanda del figlio “Piangiamo perché ci aiuta a crescere. Ogni lacrima ci annaffia molto lentamente. Se non piangessimo ci trasformeremmo in pietre.”
Legato a questo libro, non posso fare a meno di ricordare un film d’animazione splendido, “La canzone del mare”, di Tomm Moore (2014), in cui un ragazzino incolpa la sorellina della morte della madre, ma quando la piccola si troverà in pericolo, non esiterà ad affrontare un viaggio epico per salvarla.
C’è un libro, “I pani d’oro della vecchina”, che mi ha conquistato fin dalla prima lettura per la caratterizzazione dei due personaggi della storia: la vecchina, nella sua cucina piena di ingredienti buoni, di profumi, di calore e di amore, e la Morte che, stordita dal sapore della vita, rinuncia più volte a portarsi via la vecchina e anche quando lo fa, pare non sia proprio in modo definitivo. Perché qualcosa di chi parte, resta. Ed è questa la grande ricchezza.
Wolf Elbruch, con “L’anatra, la morte e il tulipano” (e/o), accompagna il lettore in un dialogo diretto tra l’anatra e la morte. L’anatra interroga la morte su ciò che l’aspetta al termine della vita e la morte risponde in modo calmo e mai definitivo, rimandando all’interlocutrice il compito di riflettere e di interrogarsi. “Certe anatre dicono che si diventa angeli e si sta seduti sulle nuvole e si può guardare la terra dall’alto.” “Possibile – disse la Morte. – In ogni caso le ali ce le hai già.”
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Redazione Dai, leggiamo!
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