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L’intervista impossibile a Dante Alighieri

A settembre 2021 si festeggerà il settecentesimo anniversario della morte di Dante Alighieri, che nacque a Firenze tra maggio e giugno del 1265 e morì in esilio a Ravenna, la notte tra il 13 e il 14 settembre del 1321.

Il prezioso settecentenario sarà l’occasione propizia per convegni, mostre, incontri nelle scuole, approfondimenti, ricorrenze e feste ad hoc.

Forse per colpa di tanto clamore e magia, il sommo poeta, Dante Alighieri in persona, è già tra noi, virtualmente, curioso come non mai di sapere tutto ciò che verrà scritto e detto su di lui per l’occasione.

Si è materializzato all’improvviso, brillante come non mai e misterioso più di sempre, mostrandosi all’autrice dell’adattamento – la scrittrice Gabriella Santini – e al referente della casa editrice – Emanuele Ramini – che ha curato la redazione e che ama testo e storia. Che emozione! E che grande occasione…

Gabriella ed Emanuele non potevano mancarla: hanno improvvisato alcune domande a cui Dante, versatile e disponibile, ha risposto senza mostrare né stupore né disappunto. Nonostante la veneranda età, l’Alighieri è apparso aderente all’attualità e molto incuriosito dall’oggi; per di più, sembrava felice dell’intervista improvvisata.

Tentando di controllare lo sconfinato rispetto e di tenere a bada la soggezione, Gabriella ne ha approfittato per chiedergli…

Sommo Poeta, come siete riuscito a progettare un’opera complessa, meravigliosa e unica come la vostra Commedia? Si tratta di un Poema allegorico-didascalico con una struttura precisa e artico- lata, di un capolavoro della letteratura di tutti i tempi.

Sappiamo che le avete dedicato molti anni (dal 1306 circa al 1321); questo lungo lasso di tempo è la risposta alla mia domanda?

Madama Gabriella, io ho voluto dedicare alla mia opera suprema ogni respiro, ciascun giorno, ogni mio pensiero e studio, per tanti anni, sì. Il mio poema sacro in terzine (cioè, in strofe di tre versi ciascuna) è composto di 100 canti in totale, divisi in tre Cantiche – Inferno, Purgatorio e Paradiso – realizzate grazie a 14.233 versi endecasillabi (cioè, fatti di undici sillabe). L’endecasillabo è super- bissumum carmen, secondo me, cioè, è un componimento poetico superbo!

Rima dopo rima, personaggio dopo personaggio, sono arrivato fino all’ultima parola della terza Cantica, che è… “stelle”, come ciascuna, ultima parola delle altre due Cantiche.

Comunque, Gabriella, io credo di essere stato ispirato e spinto! Da solo non sarei mai riuscito a tanto.

Qual è stato lo scopo del vostro componimento, quale l’obiettivo vero?

La mia Commedia vuole essere il viaggio ideale di ciascun essere umano verso la salvezza e la pace interiore. Tale viaggio l’ho compiuto per primo proprio io! E i motivi sono stati tanti.

Nel 1290, persi l’amore della mia vita, Beatrice… che morì a soli 24 anni. Seguirono anni burrascosi e difficili, che mi regalarono infelicità e molti dubbi, anche religiosi. Mi ero smarrito. Compiere quel viaggio quasi impossibile fu una salvezza per me.

Nel Convivio, altra mia opera – seppure incompiuta – composta tra il 1304 e il 1307,

ho accennato alle possibili interpretazioni a cui sottoporre qualunque testo letterario, compresa la mia Commedia. Scrivevo di quattro livelli di senso: il significato simbolico, quello morale, il letterale (cioè, il significato immediato e diretto), infine pure spirituale.

Si racconta che, quando eravate ancora piccolo, la vostra famiglia vi abbia fatto fidanzare con una ragazza da lei scelta… È possibile?

Ciò a cui accenni, Gabriella, ha a che fare con una consuetudine comune ai miei tempi. I miei genitori erano amici dei Donati, nobili molto conosciuti in città. Perciò, da bambino, avevo già una fidanzata… Gemma Donati, che poi, sposai a vent’anni. Mio suocero, Manetto Donati, mi voleva bene e molte volte mi ha aiutato, nei miei anni più diffili, anche economicamente.

Sapete che prima dell’arrivo di altre distrazioni – come la televisione, che è una scatola da cui fuoriescono spettacoli, voci, idee a colori, o i telefoni – nella vostra amata Toscana, artigiani, operai e popolani recitavano interi passi dell’Inferno davanti al camino, ogni sera?

Mi è stato riferito spesso, e mi inorgoglisce molto.

Anche i numeri hanno un forte valore allegorico (cioè, simbolico) per voi, vero, Dante?

Il mio poema sacro è come un castello con tante porte, alcune visibili, altre camuffate. Due delle chiavi che aprono quasi tutte le porte sono il numero 3 e il 10; il primo simboleggia la Trinità divina, il secondo rappresenta la perfezione.

Com’era la Firenze del vostro tempo?

Comune autonomo e ricco, la mia Firenze era una città medievale, un intreccio continuo di vie strette con case di legno e di pietra accatastate le une alle altre. I fondi e le botteghe si alternavano ai magazzini, ai piccoli orti e ai vigneti. Torri alte e chiesette erano dappertutto, caratterizzando i pano- rami. Chiaramente, non esistevano ancora la cupola del Brunelleschi, il campanile di Giotto, Santa Maria Novella e Santa Maria del Fiore, le opere architettoniche che ai vostri tempi tutti amate tanto!

La mia Firenze era complicata e dinamica; contava circa 90.000 abitanti! Che, per l’epoca, erano tanti!

L’espansione dei traffici commerciali di Firenze in Europa e nel Mediterraneo era sotto gli occhi di tutti, come pure il forte sviluppo della cultura volgare, cioè, di quella nelle mani dei cittadini e dei comuni. Essendo una delle città economicamente più potenti d’Europa, Firenze era in continuo fermento e in grande espansione urbanistica. Pensate che la cerchia di mura antiche, fatte costruire da Carlo Magno, già alla mia nascita, non bastavano più a contenere la crescita edilizia. Ne era stata fatta costruire una seconda cinta muraria, che quintuplicò la preesistente.

Purtroppo, la mia città era anche corrotta dalle smanie di potere e lacerata da continue lotte interne. Sono cresciuto in mezzo alle tensioni tra il ceto popolare delle arti minori e quello nobiliare e influente delle arti maggiori.

Come ci si vestiva?

Tra XIII e XIV secolo – immersi com’eravamo nel Medioevo – ci abbigliavamo in modo molto differente da voi. Noi uomini indossavamo un abito lungo fino ai piedi e con le maniche strette – come quello che ho addosso – e che arrivava al collo; sopra quest’abito aggiungevamo una mantella, det- ta “guarnacca”, che d’estate era di seta e in inverno, di lana. Infine sulla guarnacca infilavamo il “lucco”, un altro mantello tipico di Firenze, caratterizzato dal cappuccio a punta. Gli uomini del popolo e con pochi mezzi spesso tenevano la testa scoperta mentre tutti gli altri la coprivano con i cappucci.

Sopra la sottana, le donne indossavano una gonnella lunga fino ai piedi, scollata; anch’essa di lana o di seta.

Il colore dell’abito e il suo pregio segnalavano sempre l’appartenenza a un ceto sociale o a una de- terminata professione.

Nella sua opera su La vita di Dante, Boccaccio ha riferito della vostra straordinaria memoria… Che cosa potete dirci al riguardo?

Sì, immagino che ai vostri occhi io possa sembrare dotato di una grande capacità di memoria. Nella mia epoca, però, ricordare era essenziale, indispensabile. In tanti la esercitavamo e la curavamo. La memoria era una vera arte, e per di più, uno strumento per dare ordine e senso alle cose; si collegava bene pure alla poesia, che aveva e che ha tuttora un ritmo che semplifica l’atto del ricordare.

Siete felice di aver dedicato l’intera vita alla poesia e alla scrittura?

Certo, ma non è andata proprio così, poiché, in effetti, sono stato anche un cavaliere – ho partecipato a imprese militari – e sono stato un politico – iscritto alla sesta delle arti maggiori, quella dei medici e degli speziali, ricoprendo perciò diverse cariche pubbliche

E ora diamo spazio anche alle domande di Messer Emanuele, Madama Gabriella!

La cosa che mi incuriosisce da sempre, Sommo Poeta, è conoscere il luogo in cui avete composto la Cantica dell’Inferno. È possibile?

Ma certo, Emanuele! Devo confessarti che la faccenda ha un che di misterioso e incerto che di sicuro apprezzerai… Tra l’altro, sono passati ormai ben 700 anni! Persino la mia memoria fatica a ricordare tutti i particolari e a tenere a mente mesi e anni dono certezza assoluta.

Nel mese di ottobre 1306, comunque, mi trovavo in Lunigiana, ospite del mio amico Moroello Malaspina, marchese e capo dei Guelfi neri toscani. Ed è proprio tra la Lunigiana, il Casentino e Lucca che mi rimisi all’opera sui primi canti dell’Inferno, per poi, continuarne la composizione fino alla fine dell’intera Cantica. Mi “rimisi” perché in realtà, la prima stesura dell’Inferno risale a tempo prima…

Avevo scritto i primi sette canti della Commedia a Firenze, su un quadernetto che mia moglie Gemma aveva poi nascosto in un cassettone nel momento della mia fuga da Firenze. Circa cinque anni più tardi, dovendo cercare dei documenti legali, Gemma frugò nel cassettone e ritrovò il quadernetto, che fu in maniera rocambolesca letto da altri, apprezzato e rimandato da me proprio presso il mio amico Moroello. Malaspina, leggendo quei primi sette canti, mi incitò a proseguire nella scrittura.

Infine, Sommo Poeta, per non tediarvi troppo, vi rivolgo un’ultima domanda… Chi è stato il vostro peggior nemico?

Così a caldo, non posso non pensare immediatamente a papa Bonifacio VIII! Purtroppo, però, in vita, ne ho avuto più di uno. Tanti…

Sotto la stella di Dante è un romanzo di Stefano Verziaggi, consigliato dai 9 anni.

Una storia dal fascino speciale, sulla vita affascinante del Sommo Poeta, inaugura la serie Oro del Mulino a Vento.

Stefano Verziaggi
Illustrazioni di Manuela Trimboli
Consigliato a partire dai 9 anni

Cambiamenti enormi, come nuvoloni in tempesta, minacciano la vita di Teresa, che prende all’improvviso una piega inaspettata. Mentre gli adulti sembrano ignorare i suoi desideri e le sue domande e a scuola è bersagliata da malelingue e incomprensioni, un amico inaspettato giunge a consolarla e guidarla: nientemeno che Dante Alighieri, padre della letteratura italiana! Il poeta si fa sempre più vicino a lei grazie ai racconti appassionati dello zio Samuel e alla lettura serale delle sue parole. Basterà per guidarla fuori dalla tempesta? Un romanzo che parla di vita quotidiana, ma fa capi-re ai più piccoli l’estrema attualità di Dante Alighieri, anche a 700 anni dalla sua morte.

Stefano Verziaggi è nato e vive in provincia di Vicenza. Da piccolo aveva un sogno, diventare insegnante, e lo ha realizzato. È un appassionato lettore di libri per ragazzi, si occupa di educazione alla lettura e fa parte di Italian Writing Teachers. Quando può, va a teatro.

La collana dei Classici Raffaello si rinnova nella veste grafica e si arricchisce con una rielaborazione speciale del capolavoro della letteratura italiana: la Divina Commedia raccontata da Gabriella Santini, scrittrice di moltissimi romanzi, e docente di sociologia della comunicazione, consigliato a partire dagli 8 anni.

Raccontata da Gabriella Santini
Illustrazioni di Elena Iarussi
Consigliato a partire dagli 8 anni

Dante Alighieri scrisse La Divina Commedia più di settecento anni fa eppure quest’opera, oltre a essere una pietra miliare della letteratura italiana, risulta profondamente fresca e attuale. In questa parafrasi accurata e fruibile, destinata ai ragazzi della scuola primaria, il poeta racconta in prima persona le tappe del suo viaggio immaginario conducendo i lettori in dimensioni meravigliose. Inferno, Purgatorio e Paradiso sfilano in tutta la loro forza rappresentativa sotto gli occhi vigili di Dante e quelli stupefatti dei suoi lettori.

Scrittrice di moltissimi romanzi, racconti e sceneggiature per cartoni animati, Gabriella Santini è anche docente di sociologia della comunicazione. Ha vinto numerosi Premi di narrativa per ragazzi.

Ricordiamo infine un grande classico, già presente nel catalogo Mulino a Vento:
Nel mezzo del cammin, una raccolta di brani scelti dalla Divina Commedia e raccontati da Claudio Elliott.

Brani scelti dalla Divina Commedia raccontati da Claudio Elliott
Consigliato a partire dagli 11 anni

La Divina Commedia è il capolavoro della letteratura medievale, che ha dato i natali alla lingua italiana e ha reso il nome di Dante Alighieri famoso in tutto il mondo.

Concepito come un lungo viaggio nei tre regni ultraterreni, l’Inferno, il Purgatorio e il Paradiso, è un poema di altissimo valore artistico, storico e teologico.
La scrittura dantesca, ruvida o delicata a seconda del tema trattato, si incide con lettere di fuoco nella memoria dei lettori per il pathos che trasmette e per la sua profondità.

Le situazioni e i personaggi assumono una grandiosa potenza evocativa, capace di stupire dopo secoli dalla stesura dell’opera.
Qui si presenta una nuova versione del testo dantesco, accattivante e moderna, che alterna versi originali a brani adattati in modo preciso e mai banale.

Buona lettura!

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