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RAGAZZA DI VENTO… a tu per tu con l’autrice

Fresco di stampa, Ragazza di Vento (Raffaello Ragazzi, Insieme) è il nuovo romanzo firmato da Gabriella Santini. 
Gabriella è nostra autrice, ma soprattutto nostra amica, e ci ha regalato in questi anni, oltre all’affascinante adattamento de Gli Sposi Promessi, storie che hanno emozionato e commosso, come tutta la collana Farò Fuori Cupido. Con questo nuovo romanzo è tornata a raccontare l’universo adolescenti, con la grazia, la capacità di ascolto e la leggerezza nel racconto che la caratterizzano, rendendo le pagine tanto leggere da scorrere in un soffio quanto dense di emozioni e piene di domande. 

Aimée, Moira, Desdemona, Vitale… da dove arriva questa costellazione di personaggi?

Dalla varietà indiscutibile e magnifica che la realtà umana – e non solo umana – ci offre: la vita, infatti – quella vera – romanza, progetta e inventa meglio di qualunque scrittore. E poi, confesso di amare tanto il tempo dedicato alla “costruzione” dei personaggi; probabilmente è uno degli aspetti della scrittura a cui tengo di più. Strutturare la trama mi piace; anche creare ex-novo o immaginare e riferire ambientazioni è un’attività che mi è congeniale, ma avere a che fare con i personaggi è a un livello superiore di godibilità. Quando da piccola (intorno agli 8,9 anni) tentavo di scrivere storie soffrivo per le difficoltà legate all’organizzazione delle trame ma mai per far nascere nuovi personaggi. Già allora era come se dentro di me, nella dimensione fantastica e creativa, esistessero moltissime tipologie umane. 

La malattia è sempre un argomento delicato, e l’anoressia è una di quelle che appartiene alla fascia d’età del pubblico della storia. Come può la lettura aiutare ad affrontarla? 

Dalla prima all’ultima parola da me scritta, lungo tutta la vita di questo romanzo, desidero che questa frase si realizzi… La lettura può aiutare ad affrontare l’anoressiaNon avrebbe senso, a mio avviso, scrivere su questo argomento – spinoso, delicato, sensibile – se non si sperasse ardentemente che serva.
Colpa del mio istinto di “maternalità”? O forse dipende dal fatto che ho avuto modo di frequentare questa malattia da vicino (attraverso il filtro di amiche, studentesse, colleghe…). Fatto sta che mi piace credere che le parole, come ogni storia, favola, mito, personaggio, trama, siano di aiuto, illuminino percorso, sognino svolte, promettano salvezze. 

In questa storia, l’adolescenza ondeggia tra estrema fragilità e inimmaginabile coraggio. Chi sono i 15enni, oggi? 

Rischio di apparire barbosa – ed è probabile che ci riuscirò – ma voglio riportare lo stesso a favore di chi legge, me compresa, un’etimologia interessante: adolescente deriva dal latino adolescere e cioè dal rafforzativo “ad” più il participio presente di “alere”, nutrire. Significa “colui/colei che sta nutrendo”; mentre adulto – che pianeta meraviglioso, la lingua latina – viene dal participio passato della stessa radice verbale, e perciò intende “colui/colei che si è nutrito/a”. In sostanza, quindi? Gli adolescenti sono universi affascinanti e complessi coniugabili al futuro; universi mutanti a cui noi adulti – coniugati come siamo al presente, o peggio, al passato – purtroppo spesso non abbiamo accesso. Loro hanno estremo bisogno di duttilità, in loro fragilità e coraggio coesistono alla grande; noi adulti, invece – quasi tutti perlomeno – rifuggiamo da tale adattabilità, erroneamente sicuri che sia foriera di instabilità. Peraltro non credo che gli adolescenti di oggi siamo molto diversi da ciò che siamo stati noi alla loro età o da ciò che erano i nostri nonni, bisnonni o trisavoli. Mutano gli strumenti usati, pure alcuni riferimenti spaziotemporali, ma non l’essenza né l’humus più intimo di ciascuno. 
Credo che ogni adolescente – di ieri, di oggi, di domani – custodisca in sé enormi potenziali di coraggio, come pure grandi dosi di fragilità: entrambi questi elementi, proprio perché apparentemente antitetici, servono a far sì che chi ancora sta nutrendosi cresca e maturi bene. 

Gli adulti sembrano invece quasi “bloccati” nell’azione. La famiglia da una parte e la scuola dall’altra, i nonni come unico caposaldo. Qual è il ruolo dei “grandi”? 

La verità è che parteggio da sempre per i vulnerabili: so che è un errore, so che significa troppo spesso perdere, so che è scelta “romantica” e desueta, ma non mi interessa vincere se il prezzo è questo. Il mondo dei grandi mi pare distratto, anaffettivo, lontano, miope. Ci sono eccezioni sì, che però non giustificano le omissioni della maggioranza. Questi miei pensieri “inquinano” i comportamenti di molti personaggi adulti e sono la giustificazione del perché, a dispetto di tanti libri scritti per ragazzi, non ne abbia mai dedicato nessuno agli adulti.  

Da Ragazza di vento sale, forte e chiaro, un inno all’amicizia. Per chiudere, come abbiamo già chiesto ad altri tuoi colleghi, , qual è, se c’è, la formula segreta dell’amicizia? 

Se esistesse una formula segreta, non potrei rivelarvela: per natura, tifo per la riservatezza e per il rispetto di segreti e confidenze. Così, per esempio, apprezzo molto le amiche che rispettano i segreti a ogni costo. Ancora di più quelle che vogliono bene per sempre, che non tradiscono mai e che dicono la verità quando possono.
Un solo dubbio mi tormenta (davvero)… Amicizie simili, oltre che nei libri dove sono vive e vegete, e hanno residenza fissa e casa da sempre, esistono pure nella realtà? E con le stesse caratteristiche?

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