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Costruire un laboratorio di filosofia in 5 step

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Filosofia con i bambini

Dopo aver capito perché sia importante filosofare fin da piccoli e aver appreso quali tecniche utilizzare per introdurre la filosofia con i bambini e le bambine della Scuola Primaria, ora passiamo ad alcune note pratiche, una sorta di “to do list” per coloro che vogliano cimentarsi nell’esperienza della creazione di un laboratorio di filosofia in classe.

Bastano cinque step, scopri quali

  1. Organizzazione del gruppo in comunità di ricerca, creazione del setting d’aula e regole operative
    È opportuno individuare il gruppo di bambini, preferibilmente della stessa fascia di età e non troppo numeroso. Il gruppo di medie o piccole dimensioni permette la partecipazione attiva alla discussione da parte di tutti i componenti, facilitando il compito anche ai più riservati chepotrebbero sentirsi più protetti in un “ambiente ristretto”.
    È importante poi, disporre i bambini in cerchio, in modo tale che tutti vedano tutti e che ognuno sia nella stessa posizione rispetto al centro; non deve esserci un punto di vista privilegiato, quindi, neanche per il docente che con-filosofa con i bambini. È affidata alla sensibilità dell’adulto la scelta di posizionare i bambini secondo un ordine predefinito o in base alle loro stesse preferenze. Una lavagna anche a fogli mobili, dove appuntare domande, osservazioni e risposte formulate dal gruppo, è di grande utilità.
    Per quanto riguarda le regole da seguire nel corso dell’esperienza filosofica, è opportuno stabilirne alcune, ma nello stesso tempo creare un clima disteso senza eccessive rigidità e protocolli:
    • non parlare mentre un altro ha ancora la parola;
    • lasciare spazio a tutti di dire la propria;
    • non fare interventi non troppo lunghi, si può stabilire un tempo indicativo, ma senza essere troppo rigorosi;
    • sottolineare l’importanza dell’ascolto dell’altro come atteggiamento propedeutico al dialogo.

      Creare curiosità inoltre potrebbe predisporre in modo utile al coinvolgimento attivo di tutti i membri del gruppo, senza anticipare nel dettaglio i vari momenti del laboratorio.

  2. Lo strumento di partenza
    In questa esemplificazione di attività laboratoriale si prende in considerazione l’ipotesi di utilizzare un testo a supporto. La durata del laboratorio non deve essere eccessiva: un’ora e mezza al massimo, per iniziare, altrimenti si rischia l’abbassamento della soglia di attenzione.
    Il tema non va comunicato ai ragazzi all’inizio, in quanto rappresenta l’oggetto di una graduale scoperta. Non è escluso inoltre che la lettura del testo-stimolo apra prospettive inaspettate e venga interpretato in modo diverso rispetto alle previsioni.
    La lettura delle storie va affidata a turno ai bambini in modo da rendere fin da subito l’atmosfera collaborativa.
    Fondamentale, in questa primissima fase, lasciar parlare il testo: abituiamo i bambini a non intervenire prima della fine della lettura e ad appuntarsi idee, suggestioni, pensieri che vanno esplicitate a lettura conclusa in modo da rendere più ordinato e consapevole l’avvio del confronto dialogico

  3. La prospettiva dialogica
    A questo punto il docente ha avviato il dialogo.
    Attenzione però: la tentazione può essere quella di offrire risposte già preconfezionate.
    Gli stessi ragazzi potrebbero essere portati a indicare il proprio punto di vista come l’unico proponibile. Qui, il compito dell’adulto è quello di valorizzare ogni intervento, trasformando un potenziale conflitto in un confronto e aiutando i bambini ad apprezzare le differenze di vedute anche con la strategia del “prova a metterti nei panni di…”.
    La discussione va comunque lasciata aperta: si evita il rischio di far prevalere un’unica posizione e si avvia il bambino a considerare le diverse idee come possibili prospettive tutte ugualmente degne di attenzione e di valutazione.
    Questa è l’impresa più ardua, ma anche la più produttiva perché, al termine del laboratorio, la comunità di ricerca ha ampliato il proprio orizzonte sulla questione affrontata e guadagnato uno sguardo condiviso

  4. Solleticare la curiosità
    Ci potrebbero essere dei momenti “morti”: i bambini tendono a distrarsi facilmente o ad abbandonare la partita di fronte alle difficoltà.
    Qui il docente potrebbe intervenire, aprendo o un nuovo scenario – senza abbandonare il tema scelto – o provocando i bambini con una nuova domanda o ancora invitandoli a esprimere i propri pensieri attraverso immagini o giochi; è utile preparare prima del laboratorio alcune semplici attività ludiche che aiutino a trovare nuovi “incastri del puzzle” per continuare la discussione, affrontandola in modo divertente, perché il “gioco è una cosa seria, anzi serissima”, per citare il pedagogista Johann Paul Friedrich Richter. Puoi trovare alcune attività ludiche da utilizzare nelle schede didattiche di Alla ricerca dei perché che puoi scaricare gratuitamente dal sito Dai, Leggiamo!

  5. E per finire… non si chiude la partita!
    A conclusione di ogni laboratorio è sicuramente utile tirare le fila del discorso, riassumendo le tappe del percorso che si è tracciato, le conquiste raggiunte o semplicemente le strade che sono state aperte, favorendo così un’attività metacognitiva in ogni partecipante.
    I risultati conseguiti vanno valorizzati come un guadagno di tutta la comunità, ma nello stesso tempo non sono da considerarsi come definitivi.
    Infine, si può affidare ai bambini una consegna o meglio si può lanciare a ognuno una sfida: un’ultima domanda, una riflessione finale che non è stata discussa, per sollecitare il gusto del continuare la ricerca anche da soli, riflettendo in un secondo momento sul tema o sull’intera esperienza.
    Mantenere vivo il gusto della ricerca e della scoperta è essenziale perché “una vita vissuta senza ricerca non è degna di essere vissuta” (Platone, Apologia di Socrate, pag. 28), per cui, pronti: si parte per questa avventura fantafilosofica!


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Francesca Barigelli, Grazia Gugliormella

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