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Intervista a Lorenza Farina

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Giorno della Memoria: scopriamo “La casa che guarda il cielo”!

Oggi un’intervista speciale per celebrare il Giorno della Memoria, un altro modo per farlo? Con la nostra Lezione in diretta dedicata alle classi all’interno del progetto di promozione alla lettura Momenti per Leggere, che ci accompagna tutto l’anno con tante giornate speciali da vivere insieme.

Vai in fondo all’articolo per scoprire di più, ora via con l’intervista!

Lorenza Farina è nata a Vicenza, dove ha lavorato come bibliotecaria. Ha pubblicato vari libri, tra romanzi, racconti, fiabe e filastrocche, con i quali ha ottenuto prestigiosi riconoscimenti. Scopriamo questa scrittrice e il suo romanzo “La casa che guarda il cielo”.

Quando hai capito che saresti diventata una scrittrice?

Posso dire scherzando di essere nata con la penna in mano, tanto la scrittura è cresciuta con me. Se oggi sono diventata una scrittrice devo ringraziare anche le mie nonne che mi hanno trasmesso la loro arte di contastorie. I loro racconti li conservo ancora nello scrigno della mia memoria. Crescendo sono diventata bibliotecaria e così ho scoperto e imparato ad amare la letteratura per l’infanzia, un vero e proprio “giardino segreto” dove è bello perdersi. Oggi mi dedico a tempo pieno a questa “passione” di cui non posso fare a meno, perché è come il mio respiro. Scrivo storie per divertire, ma anche storie per far riflettere bambini e ragazzi su tematiche importanti.

Quando scrivi una storia hai bisogno di un luogo o di un’atmosfera particolare?

Mentre scrivo ho bisogno di concentrazione, quindi, di un ambiente silenzioso, magari seduta di fronte a una finestra che dà su uno spazio verde. Mi aiuta a rilassarmi e a “volare” con la fantasia in un mondo immaginario.

Hai mai sognato il personaggio di una delle tue storie dopo averlo inventato?

Di solito i personaggi mi “perseguitano” mentre sto inventando la storia che li vede protagonisti. Poi, una volta terminato il racconto, essi continuano a vivere di vita propria e mi lasciano in pace, se così si può dire.

Quale libro preferisci tra quelli che hai scritto?

Amo tutti i libri che ho scritto come una mamma ama tutti i suoi figli senza preferenze. Devo confessare, però, che sono particolarmente legata al mio libro su Anna Frank, “La casa che guarda il cielo”, proprio per il tema e il personaggio che tratta.

Com’è nata l’idea di scrivere un libro sulla storia di Anna Frank?

La prima volta che “ho conosciuto” Anna Frank, la ragazzina ebrea diventata simbolo della Shoah, avevo dodici o forse tredici anni. Con lei ho condiviso il suo essere adolescente, la sua voglia di diventare grande, il suo bisogno di avere un’amica a cui confidare anche le cose più intime. Quandol’Editore Raffaello mi ha proposto di scrivere un romanzo su Anna Frank, confesso che ho provato un sentimento misto di paura e di grande responsabilità. Per non rischiare di ripetere storie già scritte, ho cercato di dare un taglio originale al racconto, offrendo un punto di vista diverso, intrecciando realtà storica e fantasia. Sono partita dall’idea che ogni casa avrebbe molte cose da raccontare su chi la abita o l’ha abitata. Ecco, quindi, che la casa di Amsterdam, dove Anna trovò rifugio per due anni insieme ai suoi sventurati familiari e compagni, diventa la narratrice emozionata e partecipe della vita di Anna.

Qual è stata la scintilla che ti ha portato a trattare un tema così importante e tragico come la Shoah?

È un tema che mi ha sempre interessato fin da bambina quando sentivo i miei nonni raccontare episodi di guerra dove i protagonisti erano persone vere, conoscenti o amici che non avevano più fatto ritorno. Poi, da adolescente, ho scoperto il Diario di Anna Frank che ancora oggi affascina e commuove tanti giovani lettori per la sua grande forza morale e umana. Nel mio libro ho cercato di usare delicatezza nel gettare i semi della conoscenza, perché la memoria si costruisce sulla base del sapere. Non c’è futuro senza memoria, senza il passaggio del testimone a voi bambini e ragazzi nel raccontare ciò che è stato, perché non si ripeta mai più.

Secondo te, Anna Frank si rese conto fino in fondo di quello che le stava succedendo o viveva quella situazione con l’innocenza tipica della sua età?

Nel mio libro ho voluto descrivere la figura di un’adolescente piena di sogni, di dubbi, un’adolescente che aveva dentro di sé un grande coraggio, consapevole del dramma che stava vivendo. Ho cercato di sottolineare la fiducia che Anna Frank aveva nelle persone e nel futuro e il suo amore per la natura e per il cielo, in particolare. Anna Frank sicuramente era una persona fuori del comune, con una grande capacità di guardarsi dentro. Alla fine scopriamo che lei, la più piccola di tutti, in realtà è la più grande dal punto di vista umano, perché ha saputo dare un senso alla sua sofferenza e non ha mai perso la speranza.

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